La Scuola di New York
La Scuola di New York
Luglio 1941: Peggy Guggenheim atterra a New York con un idrovolante in fuga da un’Europa sconvolta dalla guerra e da una Francia occupata dalle truppe naziste. La ricca ereditiera e mecenate che fugge dalla vecchia Europa, trova nell’America degli anni ’40, un territorio artisticamente fertile ma ancora inesplorato. Sarà lei che, qualche anno più tardi, darà vita al gruppo che, di fatto, ha consacrato l’arte americana e ha inaugurato una delle stagioni più interessanti a livello culturale, storico e artistico. Sono, quelli fra il 1943 e il 1959, anni di guerra e conflitti ma, allo stesso tempo, sono gli anni in cui il gruppo di artisti di New York fa la sua comparsa sulla scena artistica internazionale. Varie sono le definizioni con cui viene indicata l’arte americana degli anni attorno alla seconda guerra mondiale e che toccherà l’apice della sua fortuna e notorietà negli anni ’50.
L’Action Painting e Pollock
“Action Painting” è la celebre espressione utilizzata per descrivere il gruppo della Scuola di New York data nel 1952 dal critico Harold Rosemberg nel saggio “American Action Painters” apparso sulla rivista americana “Art News”. La tela, storicamente intesa come base per la trasposizione dell’immagine, diventa ora il “supporto di un evento”. Nell’articolo non ci sono espliciti rimandi ad artisti nello specifico, ma si suppone che il riferimento di Rosemberg sia Jackson Pollock (Cody, 1912 – Long Island, 1956). Pollock, destinato a diventare il più celebre del gruppo di New York, raggiunse la notorietà grazie al supporto che la Guggenheim gli fornì con l’esposizione delle sue opere presso la storica galleria Art of this Century, aperta nel 1942 a New York. Alla prima mostra del 1942, ne seguirono altre due nella stessa galleria nel ’45 e nel ’46. Quando poi, Peggy Guggenheim tornò in Europa, Pollock si legò alla galleria Betty Parsons dove presentò alcune opere realizzate con la tecnica del “dripping”. La tecnica usata da Pollock affondava le sue radici non solo nel Surrealismo Europeo di Masson e Matta, ma anche nei rituali dei nativi d’America. “La mia pittura non nasce sul cavalletto. Non tendo praticamente mai la tela prima di dipingerla. Preferisco fissarla non tesa sul muro o per terra. Ho bisogno della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento mi sento più a mio agio. Mi sento più vicino, più parte del quadro, perchè, in questo modo, posso camminarci intorno […]. É un metodo simile a quello degli Indiani dell’Ovest che lavorano sulla sabbia.” Con queste parole Pollock spiega le peculiarità della propria arte nel numero unico di “Possibilities 1” – rivista diretta da Rosemberg.
L’Espressionismo Astratto
La formula “Espressionismo Astratto” venne creata da Alfred Barr e coniata da Robert Coates che la utilizzò per descrivere le opere della mostra “A problem for critics” del 1946. Con questa espressione, Coates faceva riferimento a due movimenti d’avangardia europea consolidati nella tradizione e nell’immaginario collettivo. Da una parte l’Espressionismo Europeo, in grado di suscitare emozioni e sensazioni con la sola forza del colore; dall’altra l’Astrattismo, che non intendeva emulare la realtà, ma esprimere concetti e idee attraverso combinazioni di forme, colori e linee. La fusione di queste due concezioni artistiche, sebbene antitetiche, ha portato alla descrizione della nuova corrente sviluppatasi a New York fra anni ’40 e ’50.
Gli Irascibili
“Gli irascibili” (The Irascibles) fu l’appellativo che il gruppo di New York si guadagnò per la protesta che i suoi sostenitori inscenarono per non essere stati invitati a esporre a una mostra del 1952 organizzata dal Museum of Modern Art di New York sull’arte contemporanea americana. La foto del gruppo, scattata da Nina Leen, apparse sulla rivista “Life”. Fra loro spiccavano Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt, William Baziotes, Clifford Still, Robert Motherwell, Mark Rothko e lo stesso Pollock.
La Scuola del Pacifico e la Color Fields Painting
La Color Field Painting è un genere di pittura che predilige la stesura di grandi superfici cromatiche. Il termine fu coniato solo successivamente, nel 1970, quando apparve come titolo di un capitolo di un volume di Irving Sandler dedicato all’Espressionismo astratto. La corrente artistica, incarnata nella figura di Mark Rothko (1903 – 1970) e di Clyfford Still (1904 – 1980) trae le sue origini dall’Espressionismo Astratto. Scopo della pittura è il suscitare emozioni e idee attraverso l’utilizzo esclusivo del colore che, steso in larghe campiture, entra in connessione con l’ambiente che lo circonda diventando l’unico vero soggetto rappresentato sulla tela. “I dipinti di Rothko e Still”, scrive il critico Steven Greenberg nel 1951, “creano un tipo di superficie piatta, che respira e sembra pulsare, prodotta da un colore caldo e scurito, che smorza i valori. […] Le loro superfici esalano colore con un effetto avvolgente che è accentuato dalle loro stesse dimensioni”. Contrapposto all’Action Painting, ma legato in modo indissolubile alla poetica dell’espressionismo astratto, fu l’opera realizzata da Mark Tobey (1890 – 1976) appartenente alla cosiddetta “Scuola del Pacifico”. Le opere di Tobey si aprono a suggestioni della filosofia orientale, il gesto è meditato e controllato come nelle calligrafie giapponesi e un ritmo frenetico di piccoli segni occupa tutta la superficie alludendo ai movimenti della natura.