Cinque motivi per cui dovresti iniziare a collezionare Giorgio Griffa

Nato a Torino nel 1936 e difficile da inquadrare in uno specifico movimento artistico, Giorgio Griffa ha realizzato, in più di cinquant’anni di attività, opere il cui fascino è alimentato da una certa dose di inafferrabilità sempre presente.

Cinque motivi per cui dovresti iniziare a collezionare Giorgio Griffa

  1. È uno dei più grandi innovatori dell’arte italiana del secondo Novecento e le sue opere sono esposte in tutto il mondo

 

Giorgio Griffa tiene la sua prima personale presso la Galleria Martano a Torino. L’anno successivo inizia a lavorare con Gian Enzo Sperone e a frequentare gli artisti che gravitavano intorno alla sua galleria torinese, tra i quali Giovanni Anselmo e Giuseppe Penone. Da questo momento in poi esporrà in tutte le più celebri Gallerie italiane, e poi in Europa e nel resto del mondo.

Nel 1978 e 1980 è invitato alla Biennale di Venezia. Nel 2011 la GAM di Torino gli dedica un’importante monografica.

È attualmente in corso “Giorgio Griffa. A Continuous Becoming” presso il Camden Arts Centre di Londra.

Griffa è entrato in contatto con l’arte povera, il minimalismo, l’arte analitica e negli anni ’80 con la transavanguardia ma il suo linguaggio è sempre rimasto unico, coerente.

Lontano dalla filosofia delle avanguardie che si discostano dal passato, ma anche dal formalismo della transavanguardia e al tempo stesso dalla riduzione che subisce la pittura con l’arte analitica e il minimalismo, il lavoro di Griffa è continua analisi e studio dei segni.

L’arte intriga gli uomini delle culture e delle generazioni successive quando mantiene la sua ambiguità, quando resta viva e non diventa un reperto”.

 

  1. Con la sua ricerca l’arte continua a vivere al di là del proprio tempo

È negli anni Novanta che Griffa introduce i numeri nelle sue produzioni. Numeri che assegnano a linee e arabeschi i loro posti nella composizione o che ne indicano l’ordine di creazione.

Sarà solo col nuovo millennio però che il numero assume per l’artista un senso più magico, quando, sulla scia di Mario Merz, inizia ad indagare nelle sue opere l’aspetto matematico della sezione aurea, la proporzione divina.

Per Griffa il numero aureo simbolizza il fatto che l’arte continua a vivere al di là del proprio tempo. Essendo costituito da decimali, il numero diventa infatti sempre più piccolo, introducendosi quasi nell’ignoto, spingendosi fino al punto di scomparire, senza però farlo mai. Il numero aureo può quasi essere considerato un simbolo della vicinanza tra l’arte e la scienza.

 

  1. Ha rivoluzionato il rapporto dell’artista con la pittura.

 

Come con Pollock, anche con Griffa il lavoro dell’artista cerca l’orizzontalità. Giorgio Griffa accoglie il concetto che Pollock introduce nell’arte, ovvero il passaggio dall’essere un artista che domina la materia ad uno che invece si mette a disposizione dell’intelligenza della materia.

“…io credevo nell’intelligenza della pittura. Mi limitavo ad appoggiare il colore sul supporto”. Negli anni ’60 l’artista torinese elabora il metodo di lavoro che caratterizzerà la sua pittura: la tela grezza (iuta, canapa, cotone o lino) e senza cornice, viene disposta sul pavimento ad assorbire il colore, nella maggior parte dei casi tinte stemperate con acqua, cioè acrilici, tempere e acquerelli. Griffa lavora per terra dando spazio ai molteplici modi in cui colore e tela interagiscono.

I confini tra artista e opera si fanno labili, quasi invisibili, come ha dichiarato Griffa stesso: “Io non so più cosa è pensato dal mio cervello e cosa è pensato dalla mano e cosa è pensato dal colore e via di seguito”.

 

  1. Se scegli una sua opera sarai completamente libero di esporla nel modo che preferisci

 

Un lavoro finito è come un fanciullo che diventa uomo: se ne va e diventa autonomo”. L’idea di base di Griffa è quella di appendere le sue opere senza cornice, con dei chiodini alle estremità, lasciando le pieghe formatesi sulla tela, dato che “il tessuto non è un supporto neutro…quindi la tela dovrebbe conservare le sue peculiarità, le sue pieghe…”.

Essenziale per lui è che l’opera sia vicina a come l’ha dipinta fino a quando è sotto il suo controllo, ma una volta che passa nelle mani di qualcun altro, l’opera deve vivere per conto proprio.

Nella poetica di Griffa, l’artista cercando di sovrintendere alla vita dell’opera, tradirebbe l’intelligenza della materia.

 

  1. Sempre più presenti alle fiere internazionali e alle aste, le sue opere sono un ottimo investimento

 

Oltre all’ormai conclamato successo espositivo e museale, Giorgio Griffa è stato tra gli artisti italiani più rappresentati e richiesti ad alcune fiere degli ultimi anni, tra cui Artissima 2016. La sua presenza sul mercato dell’arte contemporanea si rafforza di anno in anno e le sue opere stanno ottenendo aggiudicazioni interessanti e in ascesa alle aste.

 

Scegliere oggi un’opera di Griffa significa investire nell’eccellenza artistica italiana, nella storia e al tempo stesso nel futuro dell’arte; scegliere un’opera di Griffa è investire in un tipo di pittura che non vuole rappresentare il mondo, ma conoscerlo.